Lo ha deciso una giuria californiana in favore di una malata di Los Angeles. Per la Johnson&Johnson si tratta della quarta condanna per le stesse accuse, e della più salata ricevuta fino ad oggi
Si prospettano tempi duri per la Johnson&Johnson. Il colosso farmaceutico statunitense è infatti stato condannato da una giuria della corte suprema della California a pagare un salatissimo risarcimento nei confronti di Eva Echeverria, sessantatreenne di Los Angeles malata di tumore alle ovaie allo stadio terminale causato – almeno secondo la giuria – dall’utilizzo del talco dell’azienda per la propria igiene intima. Non si tratta in effetti della prima condanna per la J&J legata al presunto effetto cancerogeno del suo borotalco, ma in questo caso la cifra del risarcimento è da record: 70 milioni di compensazione e ben 347 di danni punitivi, per un totale che raggiunge i 417 milioni di dollari.
Dal canto suo, l’azienda ha annunciato che ricorrerà in appello. Perché la sentenza di primo grado, che riconosce una responsabilità oggettiva alla Johnson&Johnson per non aver segnalato adeguatamente in etichetta i rischi legati all’utilizzo del talco, non sarebbe supportata da adeguate prove scientifiche. E a guardar bene, si tratta in effetti di un argomento estremamente scivoloso. Come ricordava lo scorso anno il docente di ginecologia e ostetricia all’Università di Pisa e presidente della Società internazionale di endocrinologia ginecologica – la letteratura scientifica disponibile sul rapporto tra talco e tumore ovarico non fornisce risultati univoci, o definitivi.
E se l’Iarc – pensando però a tutti i possibili tipi di esposizione al talco – lo ha classificato tra le sostanze che potrebbero rappresentare un rischio per la salute umana, guardando nello specifico all’utilizzo cosmetico la stessa agenzia assicura che gli studi disponibili non sembrano indicare un legame tra le polveri moderne (molto più raffinate di quelle usate fino agli anni ‘70) e lo sviluppo di tumori femminili. Per molti esperti comunque servirebbero ulteriori verifiche per scongiurare possibili rischi, anche minimi.
Ed è probabilmente in questo solco che si inserisce il verdetto californiano, anche in luce della testimonianza fatta durante il processo da Eva Echeverria, in cui la donna ha assicurato che se sui prodotti della Johnson&Johnson fosse stato presente un avvertimento della potenziale pericolosità del talco (presenti su quelli di altre marche americane) ne avrebbe certamente sospeso l’utilizzo. La condanna comunque è la quarta consecutiva, e anche se è la più salata ricevuta fino a oggi (i risarcimenti delle precedenti ammontavano in totale a circa 300 milioni di dollari) non è la preoccupazione peggiore per l’azienda.
Tra denunce e class action sono migliaia i processi simili portati avanti nelle corti statali e federali degli Stati Uniti proprio in questi giorni. E di fronte al conto che potrebbe emergere da una simile mole di procedimenti penali (e possibili condanne) anche un colosso multinazionale come la Johnson&Johnson non dorme di certo sonni tranquilli.
Fonte: Wired.it