Nel 2014, le importazioni italiane di olio di palma sono aumentate del 26% rispetto all’anno precedente, passando da 1,39 miliardi di chili a 1,75. L’esborso è aumentaSchermata-2015-01-05-alle-15.49.23to del 17%, passando da 996 milioni di euro a 1,16 miliardi. Questi dati forniti dall’Istat indicano una tendenza quasi irreversibile  verso la maggior penetrazione di quest’olio economico ma di bassa qualità nei prodotti alimentari trasformati industrialmente. Uno dei Paesi da cui importiamo maggiormente l’olio di palma è l’Indonesia, il cui viceministro agli Affari economici, con delega alle foreste, Prabianto Mukti Wibowo, è intervenuto a una conferenza della Banca Mondiale su terre e povertà. Il viceministro ha sostenuto  che la distruzione delle foreste, per far posto alle coltivazioni di palma da olio, è una questione tecnica, che non dovrebbe entrare nelle discussioni commerciali e non dovrebbe costituire un ostacolo agli scambi.

 Come riferisce l’agenzia Reuters, per il rappresentante del governo indonesiano la distruzione delle foreste è iStock_000043759580_Smalluna preoccupazione tipica dei Paesi ricchi, mentre gli acquirenti asiatici di olio di palma non sono preoccupati. India, Cina e Pakistan acquistano infatt i il 55% dell’olio esportato dall’Indonesia, mentre l’Europa solo l’8%. Nonostante la quota ridotta, l’Europa fa forti pressioni sull’Indonesia, perché non abbatta e bruci le foreste, per far posto alle piantagioni. Secondo il viceministro indonesiano, l’olio di palma è importante per lo sviluppo del suo Paese, perché riduce la povertà, portando strade, scuole e altre infrastrutture per le comunità rurali, generando cinque milioni di posti di lavoro, di cui beneficiano quindici milioni di persone.

Fonte: Il Fatto Alimentare