Alcuni interventi affrontano la necessità di strategie valutative che tengano conto delle differenze di genere. I rischi cancerogeni del lavoro a turni, gli stressor occupazionali, il carico famigliare, gli interferenti endocrini e le patologie da usura.

I recenti dati dell’Inail riguardo agli infortuni sul lavoro ci confermano che nel 2010, rispetto all’anno precedente, si assiste solo per i lavoratori maschi ad una sensibile diminuzione (-2,9%).
Invece per le lavoratrici si assiste, sempre rispetto al 2009, addirittura ad un lieve incremento degli infortuni (+0,4%), solo in parte “giustificato” dalla crescita occupazionale (+0,1%).
Riprendiamo dunque a parlare di infortuni e malattie professionali con riferimento all’appartenenza di genere, seguendo lo stesso Decreto legislativo 81/2008 che, già con l’articolo 1, parla di tutela dei lavoratori, con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

Una interessante disamina dei rischi e delle tutele delle lavoratrici è presente in diversi articoli apparsi nel numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia e raccolti nella sezione dedicata alla “ Tutela della salute della donna lavoratrice”.
In “Lavoro a turni e rischio di cancro della mammella”, a cura di G. Costa (Dipartimento di Medicina del Lavoro “Clinica del Lavoro L. Devoto”, Università di Milano, Fondazione IRCCS “Cà Granda, Ospedale Maggiore Policlinico”, Milano) si ricorda che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) ha recentemente definito il lavoro a turni, che causa una perturbazione dei ritmi circadiani, come probabilmente cancerogeno (Gruppo 2A) per l’uomo in base ad una limitata evidenza nell’uomo per la cancerogenicità del lavoro a turni che comprende il lavoro notturno e sufficiente evidenza negli animali da esperimento per la cancerogenicità dell’esposizione alla luce durante il periodo di buio (notte biologica).
In particolare viene sottolineato che sei dei nove studi epidemiologici pubblicati in questi ultimi anni “hanno riscontrato un’associazione positiva con il cancro della mammella nelle donne con maggior anzianità di lavoro a turni”. E “nonostante la debolezza di alcuni aspetti metodologici, occorre prendere in seria considerazioni tali studi, che hanno riguardato casistiche molto ampie su periodi abbastanza lunghi”.
L’articolo sintetizza poi “i possibili meccanismi fisiopatologici implicati (desincronizzazione dei ritmi biologici e dei loro geni regolatori, soppressione della secrezione notturna della melatonina da parte della luce, deprivazione cronica di sonno) e i problemi connessi con una precisa valutazione del rischio di cancro della mammella nelle lavoratrici turniste”.
E “considerando la rilevanza sanitaria e sociale del problema, oltre che le implicazioni a livello lavorativo (ad es. nel lavoro ospedaliero), è necessario definire un adeguato protocollo in grado di registrare accuratamente e sistematicamente tutte le informazioni in grado di definire l’entità del rischio (schemi di turnazione, quantità e durata di lavoro in turni e notturno, esposizione alla luce nelle ore di buio, orari di sonno) così come alcune caratteristiche personali (ad es. mattutinità/serotinità) in grado di influenzare l’adattamento circadiano”.

Insomma “l’allarme lanciato dalla IARC deve costituire uno stimolo ad una migliore valutazione di tale rischio (anche alla luce del D.Lgs. 81/2008) e al suo controllo, mediante l’organizzazione degli orari di lavoro secondo criteri ergonomici. Ciò, aldilà di ogni considerazione sul rischio cancerogeno, avrà sicuramente un positivo effetto sulle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, attenuando lo stress generato da un’organizzazione degli orari di lavoro non rispettosa dell’equilibrio biologico e psico-relazionale della persona”.