Che l’arrivo e la diffusione della pandemia da coronavirus abbia guidato, o forse dovremmo dire forzato, uno stravolgimento del modo di lavorare, è noto a tutti. Parole e modalità prima del tutto sconosciute in Italia, a differenza di molti Paesi del Nord Europa, sono diventate tutto d’un tratto parte attiva e integrante della nostra quotidianità lavorativa. Ed ecco dunque che ci siamo ritrovati a parlare di smart working, lavoro agile e collegamenti da remoto, e a “vivere in presenza” call e videoconferenze su Zoom e Teams.

C’è anche da dire, però, che il mondo del lavoro cela un’altra faccia della medaglia, sicuramente meno piacevole da condividere, ed è quella degli infortuni. Nonostante il lavoro si sia spostato all’interno delle mura domestiche, gli incidenti sul lavoro non sono scomparsi, anzi. La pandemia ha introdotto nuove modalità di gestione anche per questi. Capiamo meglio insieme di cosa si tratta grazie a un caso reale che ha attirato l’attenzione pubblica.

 

SOMMARIO:

Infortuni sul lavoro anche in smart working e il caso trevigiano

Treviso: il caso della lavoratrice caduta dalle scale di casa

Inail e Cgil per la prima volta di fronte a un infortunio da smart working

Un caso destinato a fare scuola (e diritto)

 

Treviso: il caso della lavoratrice caduta dalle scale di casa

Il fatto è questo: una lavoratrice trevigiana, dipendente di un’azienda metalmeccanica, scivola lungo le scale di casa (fortunatamente senza conseguenze troppo gravi, giusto un paio di fratture) mentre è al telefono con una collega.

L’accaduto è di per sé “comune” e forse anche piuttosto frequente: se si fosse verificato all’interno di un ambiente lavorativo standard, per intenderci un ufficio o uno stabilimento industriale, con buona probabilità non avrebbe sollevato alcun scalpore o interesse mediatico. Quest’ultimo invece è stato fomentato dal fatto che l’incidente trevigiano si sia verificato in ambiente domestico.

Il contesto sotto la lente è quindi quello tanto accelerato dalla pandemia, ovvero lo smart working. Cosa è accaduto dopo l’incidente in termini di gestione dell’infortunio e della malattia?

 

Inail e Cgil per la prima volta di fronte a un infortunio da smart working

È sicuramente la prima volta che tanto l’Inail quanto la Cgil si ritrovano a dover fronteggiare un caso di incidente sul lavoro come quello accaduto nel trevigiano. L’infortunata, infatti, opportunamente assistita dal sindacato dei lavoratori, ha dichiarato la sussistenza di un infortunio sul lavoro nonostante la modalità lavorativa in smart working.

C’è da dire che inizialmente la stessa si è duramente scontrata con l’Istituto per gli infortuni sul lavoro il quale non voleva riconoscere l’accaduto perché non riteneva ci fosse un nesso tra ciò che stava facendo la lavoratrice al momento della caduta e le sue mansioni aziendali. Secondo la ricostruzione dei fatti, sembra che l’impiegata stesse svolgendo il turno in smart working e, durante una telefonata con un collega di lavoro, utilizzando peraltro lo smartphone di servizio, sia caduta dalle scale di casa provocandosi alcune fratture.

Nonostante ciò e grazie al supporto del sindacato, la lavoratrice ha ottenuto il riconoscimento dell’incidente da parte dell’Inail come infortunio vero e proprio, al quale si sono aggiunti i giorni di malattia oltre che visite e terapie gratis senza obbligo di ticket per i prossimi dieci anni. E soprattutto un risarcimento economico pari a circa 20 mila euro.

 

Un caso destinato a fare scuola (e diritto)

Quello di Treviso è, fino a questo momento, un caso più che unico. Valentina delle Feste, responsabile del settore tutela della salute della Cgil trevigiana, non si esime dal riconoscere l’unicità del caso che per la prima volta vede il riconoscimento di un infortunio sul posto di lavoro in modalità smart working.

Inutile negare che la straordinarietà del caso è figlia della trasformazione della modalità di lavoro post-pandemia accennata all’inizio di questo approfondimento. È vero anche però che questa stessa trasformazione ha sempre più plasmato le nostre abitudini lavorative, in alcuni casi diventate molto più flessibili e agili. E non si può di certo pensare che tali abitudini retrocederanno alle vecchie modalità quando la pandemia si sarà del tutto conclusa.

Insomma, lo smart working continuerà a essere presente nelle nostre giornate lavorative. Di conseguenza, anche se il nostro augurio spererebbe di no, episodi come quello trevigiano possono e potranno accadere ancora. Questo il motivo per cui il fatto qui raccontato, oltre a fare storia, farà anche diritto. Dopotutto, come si è soliti dire, c’è sempre una prima volta. E per un infortunio sul lavoro in smart working, questa lo è.