Se sempre più spesso vi capita di sentir parlare di IAD, non stupitevi: è un acronimo ben specifico e facile da decifrare, più di quanto non sembri di primo acchito.
La sigla IAD si traduce in Impresa Alimentare Domestica, ed è utilizzata proprio per indicare una microimpresa domestica che opera nel settore alimentare. Il fatto che sia chiamata e considerata una microimpresa, nonostante si concretizzi tra le mura domestiche, è la sua grande peculiarità: sotto il punto di vista giuridico, infatti, lo è a tutti gli effetti.
Vediamo dunque insieme in cosa consiste, come viene definita sul fronte legislativo, fiscale e burocratico, e quali sono obblighi e spese che entrano in gioco quando si decide di realizzare una IAD.
Sommario:
Impresa Alimentare Domestica: l’impresa tra i fornelli di casa
IAD: una possibilità imprenditoriale per chi ama la cucina
IAD in pillole legislative: cos’è e cosa sapere prima di aprirla
Avviare una IAD: Partita Iva, costi e passaggi successivi
L’IAD dal punto di vista economico e giuridico
Cos’è l’Impresa Alimentare Domestica in 3 step
IAD: una possibilità imprenditoriale per chi ama la cucina
Non potremmo utilizzare definizione migliore per la IAD: un’opportunità per chi nutre una grande passione per la cucina e vuole trasformare questa passione in lavoro. E se è vero ciò che diceva Confucio, «Fai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita», quale migliore occasione della IAD per realizzare il proprio sogno?
La microimpresa domestica si rivolge quindi a tutte quelle persone che, nella cucina di casa propria, preparano prodotti alimentari di vario tipo, dai dolci alle conserve fino agli alimenti pronti, da rivendere poi a privati o altre aziende. Avviare una IAD è, in altre parole, un modo legale per vendere al pubblico qualsiasi pietanza preparata in casa, dolce o salata che sia, come:
- dolci e torte
- catering completi e alimenti pronti
- prodotti tipici
- conserve e confetture
- bevande non alcoliche
Le strade offerte dalla IAD sono infinite e questo perché ha a che fare con la creatività, che di per sé è qualcosa senza confini, applicata in cucina. C’è infatti chi decide di specializzarsi in piatti etnici e chi invece predilige la cucina vegetariana o vegana, o ancora chi si dedica al cake design. Le possibilità con la IAD, insomma, non mancano di certo: basta individuare l’area più affine alle proprie capacità (e desideri).
IAD in pillole legislative: cos’è e cosa sapere prima di aprirla
L’Impresa Domestica Alimentare è un’attività imprenditoriale regolarmente registrata e quindi perfettamente legale. Tutti possono aprire una IAD, purché sia rispettato l’unico requisito richiesto: il possesso della maggiore età. Ed è sicuramente anche per questo motivo, oltre all’investimento iniziale ben più contenuto in confronto a un ristorante o a un esercizio commerciale, che tanti lavoratori dipendenti decidono di avviare una IAD come secondo lavoro.
Chiaramente, trattandosi di un’attività imprenditoriale, è opportuno non partire in maniera sprovveduta bensì avendo già predisposto una pianificazione iniziale dei costi di partenza, delle strategie da applicare e degli obiettivi da perseguire: quello che serve, in altre parole, è un business plan che permetta di adempiere a tutti le normative di riferimento e far crescere il proprio business.
Prima di aprire una IAD occorre infatti avere ben presente che si tratta sempre e comunque di un’impresa che, avendo a che fare con gli alimenti, dovrà necessariamente seguire regole precise sulla conservazione, l’igiene e la sicurezza.
I regolamenti da visionare per prepararsi opportunamente in questo specifico ambito sono:
- Regolamento CE 852/2004, all. II, cap. III: igiene dei prodotti alimentari
- Regolamento CE 1169/2011 – etichettatura alimentare
- Regolamento CE 178/2002 – rintracciabilità degli alimenti
Inoltre è importante formarsi sul tema HACCP, fondamentale per operare in ambito gastronomico. Una volta consolidata questa formazione, si potrà passare agli step successivi, ovvero quelli di carattere burocratico.
Avviare una IAD: Partita Iva, costi e passaggi successivi
Per essere in regola dal punto di vista fiscale e contributivo, per avviare una IAD occorrerà procedere con l’iscrizione alla Camera di Commercio e, dunque, essere in possesso di una Partita IVA e della posizione INPS.
- Aprire la Partita IVA, indipendentemente dal campo di intervento, è abbastanza semplice. Ciò che invece fa la differenza è la scelta del Codice ATECO e del regime fiscale. In questo caso, il supporto di un professionista (come un commercialista) può sicuramente fare la differenza.
- Contemporaneamente andrà aperta la posizione INPS, nella sezione relativa agli artigiani. L’art. 2083 del Codice Civile colloca infatti i piccoli imprenditori nella categoria degli artigiani, sebbene un microimprenditore sia un imprenditore in piena regola seppur considerato “piccolo”.
C‘è da dire che i costi per l’apertura della Partita IVA per una IAD sono pressoché nulli: l’operazione è infatti gratuita. È invece la Partita IVA in quanto tale ad avere sempre dei costi di gestione, da mettere quindi in conto all’interno del proprio business plan, e che in linea generale corrispondono a:
- tassazione
- contributi previdenziali
- spese per il commercialista
Dopo di che, una volta ottenuta la Partita IVA, si potrà procedere con:
- iscrizione alla Camera di Commercio
- presentazione SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al proprio Comune di appartenenza
- certificazione da parte dell’ASL
Quest’ultimo passaggio è di grandissima importanza ed è bene non prenderlo sotto gamba: spetta infatti all’ASL il compito di verificare che i locali e le attrezzature in uso siano compatibili con le norme igieniche e di sicurezza valide a livello nazionale ed europee. A riprova di ciò, l’ASL rilascerà un’apposita certificazione e solo allora l’Impresa Alimentare Domestica sarà veramente pronta a iniziare l’attività produttiva.
L’IAD dal punto di vista economico e giuridico
L’Impresa Alimentare Domestica è definita in due modi molto differenti a seconda che si assuma il punto di vista economico o quello giuridico, ed è opportuno non usare le due definizioni in maniera impropria poiché hanno implicazioni diverse.
Occorre infatti fare attenzione a non confondere la denominazione «piccola e media impresa» (PMI) con la definizione data dal codice civile a proposito del «piccolo imprenditore».
Dal punto di vista giuridico, il microimprenditore è un “piccolo imprenditore” che ha una sua impresa. Ma dal punto di vista economico, quindi fiscale, lo status giuridico di “piccolo imprenditore” non ha nessun effetto sul regime fiscale da adottare poiché, per definire questo, si tiene conto dei livelli di reddito della microimpresa domestica.
Cos’è l’Impresa Alimentare Domestica in 3 step
Riassumendo, la microimpresa domestica alimentare è:
- un’attività di lavoro indipendente ed è considerata attività d’impresa a tutti gli effetti
- una piccola impresa inquadrabile nel settore artigianato, se il microimprenditore svolge l’attività “in misura prevalente, anche manuale, nel processo produttivo”
- un’attività che richiede l’iscrizione alla Camera di Commercio