Qualche giorno fa in un articolo abbiamo approfondito un tema che parlava di aziende alimentari e non che hanno deciso di sospendere le proprie attività produttive nel territorio russo come segno di protesta alla guerra, ma di certo un conflitto come questo ha causato tanti altri scenari da prendere in considerazione e approfondire, come ad esempio la crisi del grano che si sta scontrando con la lotta europea al cambiamento climatico.

Nei prossimi paragrafi andiamo ad analizzare ulteriormente e quindi cercare di capire se effettivamente la crisi del grano causata dalla guerra potrebbe fermare in qualche modo una delle principali sfide dell’unione europea, la battaglia contro i cambiamenti climatici.

Sommario:

Guerra: come la crisi del grano può fermare la lotta europea ai cambiamenti climatici

La FAO prevede gravi conseguenze dovute alla mancanza di forniture alimentari

Strategie della commissione europea contro le associazioni ambientaliste

Qual è l’impatto per gli agricoltori europei?

Le soluzioni secondo Greenpeace

 

La FAO prevede gravi conseguenze dovute alla mancanza di forniture alimentari

 

Considerando che la primavera è la stagione della semina si fa in fretta a capire che il prossimo raccolto di grano dell’Ucraina sarà ridotto notevolmente, è uno scenario terrificante preannunciato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

La FAO, infatti, ha lanciato un allarme in cui prevede delle gravi conseguenze dovute al conflitto, ripercussioni soprattutto per i paesi a basso reddito fuori dall’Unione Europea che dipendono dall’Ucraina per le forniture alimentari.

 

Strategie della Commissione europea contro le associazioni ambientaliste

 

Per far fronte alla drammatica situazione prevista dalla FAO e affrontare le conseguenze della guerra, la Commissione europea il 23 marzo a Bruxelles ha presentato un piano strategico.

Delle strategie a sfavore delle associazioni ambientaliste, dato che la Commissione europea ha intenzione di frenare le misure di protezione ambientale previste dalla politica agricola comune e rinviare la realizzazione dei punti chiave del Green Deal e della strategia Farm to fork.

Greenpeace e Animal Equality, due associazioni occupate nella tutela dell’ambiente e nella difesa degli animali, sostengono che diminuire dell’8% cereali utilizzati nell’Ue per l’alimentazione animale porterebbe a risparmiare abbastanza frumento per far fronte alla carenza prevista.

Questa tra tante è una misura richiesta e prevista da Greenpeace a livello europeo per garantire che l’insieme delle attività di produzione agricola diventi più solida e che l’insufficienza di grano non vada a gravare la popolazione più vulnerabile.

Le associazioni ambientaliste prevedono che questa diminuzione renderebbe disponibili diverse tonnellate di frumento da utilizzare.

 

Qual è l’impatto per gli agricoltori europei?

 

Lo scenario presentato nei paragrafi precedenti non si riferisce all’Europa, bensì ai paesi vicino, ma in tutto ciò la guerra che impatto ha per gli agricoltori europei?

Greenpeace sostiene che l’impatto principale per gli agricoltori europei è una diminuzione dell’importazione di materie prime di cibo per bestiame ed eventuali difficoltà nelle forniture di fertilizzanti sintetici, utili per coltivare mangimi che servono alla produzione di carne.

 

Le soluzioni secondo Greenpeace

 

La responsabile Campagna agricoltura e progetti speciali di Greenpeace Italia sostiene che in questo modo le lobby agroindustriali costringono i contribuenti a procurarsi danni da soli pagando un conto eccessivo per cibo per bestiame e fertilizzanti di sintesi utilizzati per coltivarle, rendendo il sistema particolarmente debole alle minacce esterne.

Bisogna piuttosto aiutare gli agricoltori indirizzandoli a diminuire il numero di animali allevati, invece, che finanziare pubblicamente un modello divenuto ormai insostenibile.

Le soluzioni pratiche sono:

  • Incentivi per la produzione ecologica
  • Diminuzione di carne
  • Riduzione di latticini

Rimedi efficaci per ottenere un’agricoltura europea più forte e meno vulnerabile agli imprevisti prevedibili, come la crisi climatica o quelli meno prevedibili come la guerra.