Vibrazioni e rumori delle macchine, in particolare sui pescherecci, che possono provocare ipoacusia, disturbi osteoarticolari e muscolo-scheletrici; esposizione prolungata a climi suscettibili di mutazioni improvvise per temperatura, umidità, e vento; esigenze operative che oltrepassano la capacità dei lavoratori di farvi fronte o di controllarle e che sono spesso all’origine di disturbi di carattere psicosociale. Sono alcuni dei maggiori fattori di rischio specifici a cui è soggetto chi a vario titolo svolge la sua attività professionale nelle attività marittime, al centro di una recente pubblicazione dell’Inail dal titolo “Gli infortuni dei lavoratori del mare”.

Uno studio del settore ricerca dell’Inail. Condotta dalla sezione ‘Sistemi di sorveglianza e gestione integrata del rischio’ del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Istituto, la ricerca – a cui hanno collaborato anche i ricercatori del Dipartimento innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) – ha effettuato un’analisi globale degli infortuni nel settore marittimo-portuale, allo scopo di approfondire le problematiche della sicurezza sul lavoro in un comparto produttivo contrassegnato da trasformazioni tecnologiche ed economiche.

Dai portuali ai membri degli equipaggi, la tutela Inail. Un comparto diventato centrale nelle attività di prevenzione svolte dall’Inail, subentrato nel 2010 all’Ipsema nella tutela assicurativa e previdenziale di questi lavoratori. Oltre a quanti lavorano a terra nei porti, l’Istituto, in particolare, assicura contro gli infortuni e le malattie professionali tutti coloro che fanno parte dell’equipaggio delle navi battenti bandiera italiana, compresi gli addetti ai servizi alla persona come hostess, cuochi, camerieri, parrucchieri, musicisti a bordo dei natanti adibiti al trasporto passeggeri. Sulle navi iscritte nel registro internazionale viene seguito dall’Inail invece soltanto il personale comunitario.

Un confronto congiunto su due basi di dati. Dopo un’analisi del contesto socio-economico e la disamina del rischio nel settore marittimo-portuale, il volume si sofferma sull’esame delle azioni di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e sui rischi lavorativi, entrando poi nel dettaglio dell’analisi degli incidenti con numeri e dati. La rilevazione è stata effettuata sulla base dei risultati provenienti da due canali qualificati: le schede di rilevazione degli infortuni subiti dai lavoratori marittimi, che vengono indirizzate alle Capitanerie di porto, e l’archivio Infor.Mo, che raggruppa le informazioni sui fattori causali evidenziati nel corso delle inchieste sugli infortuni condotte dalle Asl, che la ricerca riporta in dettaglio con tabelle e grafici relativi al periodo 2004-2015.

Le caratteristiche dei rischi lavorativi in mare. Il lavoro del marittimo è “faticoso, insicuro e rischioso” ed è per questo motivo che sono fondamentali un’adeguata organizzazione del lavoro, l’utilizzazione di buone pratiche già sperimentate con successo e una continua attività di formazione, informazione e aggiornamento. Accanto ai rischi specifici sopra ricordati, a cui sono da aggiungere anche l’esposizione prolungata alle radiazioni solari, nonché altre specifiche attività svolte a bordo, come la movimentazione dei carichi pesanti o la ripetitività di movimento degli arti superiori, la ricerca del Dimeila segnala anche la presenza di rischi ‘trasversali’ a cui possono essere esposti sia i lavoratori che i passeggeri, come le collisioni navali, i naufragi, gli incendi. Altro fattore di rischio, di tipo organizzativo-psicologico e presente in quasi tutti i ruoli di bordo, è quello definito dalla normativa come ‘fattore di fatica’, legato ai turni, al lavoro notturno, allo scarso recupero fisico, al sovraccarico di responsabilità e ad altri elementi peculiari come la vita collettiva coatta o il turnover frequente dei compagni di lavoro.

Fonte: Inail