Il miele è uno degli alimenti che caratterizzano la dieta mediterranea e il nostro Paese può di certo vantare una straordinaria tradizione nella sua produzione. Tuttavia anche il miele si ritrova assediato e circondato da prodotti fake, ovvero da imitazioni che ne copiano l’etichetta e il nome ma sono ben lontane dal prodotto originario nonché dalle sue caratteristiche in termini qualitative e nutrizionali.

È chiamato miele adulterato cinese ed è una frode sempre più diffusa e molto difficile da indentificare. Vediamo più approfonditamente di cosa si tratta.

 

SOMMARIO:

La frode del miele adulterato cinese è sempre più diffusa

Il miele adulterato cinese: la brutta copia di un prodotto eccezionale

Contraffazione del miele: il fenomeno, la sua estensione e le difficoltà nel tracciare il processo

Una speranza per il futuro: la risonanza magnetica del miele

 

Il miele adulterato cinese: la brutta copia di un prodotto eccezionale

Ogni anno nel mondo vengono prodotte 1,9 milioni di tonnellate di miele che rappresentano un presidio alla biodiversità e sono indispensabili per l’impollinazione di tre quarti delle piante sfruttate dall’uomo. Ma non tutte le produzioni sono uguali e di qualità. La Cina, per esempio, è il primo esportatore mondiale di miele nonché produttore di un quarto del miele venduto globalmente.

Le sue politiche economiche e commerciali non vietano la diluizione del prodotto primario con zuccheri aggiunti, bensì il contrario. Il governo cinese infatti sostiene i prodotti diluiti con una rete di aziende del distretto di Zhejiang.

Il miele adulterato con zuccheri, cinese ma non solo, che possiamo semplificare come miele diluito con sciroppi vari derivanti principalmente dal riso, dal mais e dalla barbabietola, arriva poi sul mercato con prezzi più che stracciati: si parla addirittura di 85 centesimi di euro al kg. Ed è inutile negare che prezzi così bassi fanno gola a tantissimi, distorcendo il mercato e soprattutto la consapevolezza del “buon miele”.

Spesso i consumatori, infatti, non si rendono conto che il miele che trovano nel loro supermercato a un prezzo così conveniente rispetto quello cui erano abituati nell’acquistare un prodotto artigianale è in realtà miele cinese diluito.

 

Contraffazione del miele: il fenomeno, la sua estensione e le difficoltà nel tracciare il processo

Quello del “miele contraffatto” è certamente un problema noto e la sua estensione appare evidente ogni volta che lo si va ad indagare. Per esempio:

  • nel 2015, un’indagine della Commissione Europea trovò che su 893 campioni, il 14% era fortemente sospetto
  • nel 2018, un’inchiesta della Canadian Food Inspection Agency scoprì che su 240 campioni, il 21,7% non soddisfaceva gli standard minimi e conteneva zuccheri aggiunti

La lista di indagini sulla contraffazione nella produzione di miele non si esaurisce purtroppo con questi due esempi. Il problema è che perseguire inchieste e controlli sulla qualità del miele non è poi così semplice per diversi motivi:

  • per la complessità del miele: un prodotto difficile da standardizzare e composto da centinaia di sostanze che cambiano a seconda delle condizioni
  • per la difficoltà dei test: ancora troppo disomogenei nell’identificazione dei composti adulteranti e privi di grandi database internazionali cui poter fare riferimento

 

  •   Test del C4 per scoprire il miele contraffatto

Un test storicamente usato a tal proposito è il test AOAC998.12 o test del C4. Si basa sul principio che il nettare e le proteine del polline raccolte dalle api provengono tipicamente da piante i cui zuccheri hanno tre atomi di carbonio (C3), mentre le molecole di zucchero prodotte dalle piante tropicali, come la canna da zucchero e il mais, hanno quattro atomi di carbonio (C4).

Il limite nell’utilizzo di questo test è legato al fatto che nel tempo i produttori di miele adulterato hanno imparato a conoscerlo, adeguandosi con l’utilizzo di zuccheri non rilevabili. Difatti, molti prodotti venduti per esempio su Ali Baba riportano addirittura sull’etichetta la dicitura “in grado di superare il test del C4”.

 

Una speranza per il futuro: la risonanza magnetica del miele

Come già detto, il tallone d’Achille dei controlli sulla qualità del miele si deve soprattutto alla mancanza di metodi standardizzati, affidabili e non prevedibili dalla scaltrezza dei produttori di miele adulterato. A tal proposito sembra che la svolta potrebbe arrivare dalla risonanza magnetica.

Questa è stata infatti utilizzata nel 2018 dall’Honey Authenticity Project messicano per controllare il miele venduto dalla catena britannica Tesco. I risultati ottenuti hanno smascherato ben 10 campioni su 11, compresi quelli a marchio Tesco. E hanno inoltre rivelato che nessuno degli 11 campioni analizzati era totalmente al di sopra di ogni sospetto.

Nel 2020, poi, ne sono stati controllati altri 13, e 9 contenevano un particolare zucchero aggiunto chiamato psicosio, mentre dieci avevano enzimi utilizzati nell’adulterazione. In sostanza, tutti e 13 i campioni sono stati bocciati dalla risonanza.

Sembra quindi che la risonanza magnetica del miele sia un’ottima strada per controllare la qualità dello stesso, purché ci crei un database nel quale depositare tutte le analisi e a cui fare ricorso per comparazioni e riscontri. In tale direzione lavorano centri e istituti di ricerca, cercando di creare database internazionali e metodi condivisi dai più importanti centri di ricerca.