In un contesto pandemico come quello che stiamo vivendo, dovuto alla diffusione del Coronavirus in Italia e nel mondo, l’applicazione delle tecniche di sterilizzazione diventa sempre più importante per circoscrivere un qualsiasi mezzo di contagio.

La sterilizzazione attraverso le radiazioni ultraviolette è già da tempo diffusa e utilizzata e la sua applicazione sembra essere molto valida anche in riferimento al nuovo Coronavirus. Ma è davvero così?

 

Sommario:

Coronavirus e radiazioni ultraviolette germicide: sono davvero efficaci?

Le radiazioni GUV e la loro azione sterilizzante contro gli agenti infettivi

Le radiazioni ultraviolette germicide: una panoramica d’insieme

I fattori che influiscono sulla capacità di azione dell’UV

I principali campi di applicazione della radiazione ultravioletta

 

Le radiazioni GUV e la loro azione sterilizzante contro gli agenti infettivi

Le radiazioni ultraviolette germicide, indicate con l’acronimo GUV, contribuiscono in maniera efficace a ridurre la possibilità di trasmissione di agenti infettivi, siano essi virus o batteri. Questo il motivo che le ha rese ampiamente utilizzate anche contro l’attuale Coronavirus.

Tuttavia e in termini generale, così come accade per qualsiasi altra tipologia di radiazioni, anche quelle ultraviolette devono essere utilizzate in modo appropriato affinché non causino danni gravi o irreparabili alla salute dell’uomo. E, allo stesso tempo, affinché la loro forza sterilizzante non venga compromessa da un uso improprio o scorretto.

 

Le radiazioni ultraviolette germicide: una panoramica d’insieme

Per comprendere meglio in che modo le radiazioni ultraviolette germicide agiscono, facciamo una piccola nota introduttiva. Lo spettro ultravioletto si divide in 3 regioni:

  • UV-A, regione composta da radiazioni con lunghezza d’onda fra 315 e 400 nm
  • UV-B, regione composta da radiazioni con lunghezza d’onda fra 280 e 315 nm
  • UV-C, regione composta da radiazioni con lunghezza d’onda fra 100 e 280 nm

È proprio quest’ultima la radiazione nella banda UV con la maggiore energia ed efficacia in termini di azione sterilizzante, grazie alla sua capacità di modificare il DNA o l’RNA dei microorganismi, rendendoli inoffensivi e impedendo quindi loro di crescere, riprodursi ed essere dannosi. I microorganismi hanno infatti una scarsa protezione dall’UV e non possono sopravvivere a una esposizione prolungata.

Non è un caso che l’organizzazione mondiale della sanità raccomandi l’uso della radiazione ultravioletta germicida già dal 2019 per il controllo della prevenzione delle infezioni da tubercolosi. Va da sé che risulta abbastanza immediato pensare all’azione delle radiazioni GUV anche contro il Coronavirus, sebbene non ci siano ancora ricerche documentate sulla sua effettiva efficacia.

 

I fattori che influiscono sulla capacità di azione dell’UV

L’azione germicida della radiazione ultravioletta è molto efficace per distruggere i microorganismi. È ovvio però che la sua efficacia dipende da molti fattori, come:

  • quantità di tempo di esposizione
  • variazioni di potenza della sorgente UV
  • presenza di ostacoli all’azione dell’UV, che possono proteggere i microorganismi
  • capacità dei microorganismi di resistere alla radiazione durante l’esposizione

Anche la configurazione dell’ambiente incide sull’azione della radiazione ultravioletta. Un ambiente in cui ci sono ostacoli alla luce UV, ad esempio, ne riduce la forza d’azione; così come la presenza di polvere, che può ricoprire la lampada UV, incide negativamente sul suo funzionamento, riducendone l’effetto.

 

I principali campi di applicazione della radiazione ultravioletta

La radiazione ultravioletta germicida è ampiamente utilizzata per la disinfezione dell’aria e dell’acqua.

Nel caso dell’aria, l’efficacia dell’azione germicida si ottiene come conseguenza di una esposizione prolungata. Al contrario, la radiazione UV risulta essere poco efficace – se non addirittura nulla – sull’aria in movimento, dato che i tempi di esposizione si riducono drasticamente.

Per quanto riguarda l’acqua, invece, la disinfezione con raggio ultravioletto consiste in un processo esclusivamente fisico e non chimico. La radiazione inizia infatti con una reazione fotochimica che distrugge l’informazione genetica contenuta nel DNA; come conseguenza di ciò, i batteri perdono la loro capacità di riprodursi e vengono distrutti.

È importante ricordare anche che la disinfezione UV non lascia tracce, sostanze chimiche o residui nell’acqua trattata. È quindi un metodo veloce e pulito, e nessun batterio o virus o muffa risulta immune alla sua azione.

I problemi sull’utilizzo dell’UV nascono invece in riferimento all’uomo e altre forme di vita verso i quali la radiazione ultravioletta germicida, proprio per la sua capacità di modificare il materiale genetico, risulta essere molto dannosa.

C’è da dire a riguardo che l’azione naturale dei raggi UV sulla Terra è estremamente rara poiché l’atmosfera terreste tende a bloccare queste radiazioni. Discorso diverso, invece, se è l’uomo ad esporsi volontariamente all’azione di una lampada UV: l’esposizione a questi raggi può infatti causare ustioni sulla pelle e, nei casi peggiori, anche il cancro. Stesso discorso vale per gli occhi: l’esposizione alla radiazione ultravioletta può causare infiammazioni molto dolorose della cornea e problemi alla vista temporanei o permanenti, fino alla cecità. Senza dimenticare che l’UV può danneggiare la retina dell’occhio.

 

In altre parole, l’utilizzo della radiazione ultravioletta germicida è molto efficace come tecnica di sterilizzazione contro batteri e virus ma il suo utilizzo richiede l’adozione di specifiche misure di sicurezza come avvisi, quali segnali di pericolo, segnalazione di apparecchiature in funzione e informazioni sul rischio, e all’occorrenza sistemi di protezione individuale.

Sulla sua effettiva azione contro il Coronavirus, non ci sono ancora evidenze scientifiche. Ma viste le premesse, è facile intuire che la radiazione ultravioletta germicida risulti efficace anche contro questo virus.