Il 31 maggio 2020 l’Inail – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro – ha pubblicato il quarto rapporto sulla diffusione del Covid-19 all’interno degli ambienti lavorativi. Una fotografia concreta e realistica, fatta di numeri e percentuali, di quello che l’Italia ha attraversato appena un paio di mesi fa:
- sono 3.600 le denunce sui luoghi di lavoro in più rispetto al monitoraggio condotto il 15 maggio
- sono 208 i decessi, pari al 40% di tutti i decessi sul lavoro denunciati all’Inail nel periodo considerato
- quasi sei casi su dieci (58,7%) ricadono nel Nord-Ovest del territorio italiano
Ma quali sono le professioni più interessate dal contagio di Coronavirus? E ancora, esiste forse una differenza nel contagio tra uomo e donna?
Con questo approfondimento vogliamo proprio riassumervi quello che l’Inail dichiara nel suo rapporto e di cui tutti dovremmo essere a conoscenza: parleremo dei luoghi e delle professioni di lavoro considerate più a rischio a fronte di un’altra ondata di epidemia. E analizzeremo anche il confronto tra il genere maschile e quello femminile, sia per quanto riguarda il contagio, sia per quanto riguarda la percentuale di decessi.
Sommario:
Il contagio da Covid-19 sui luoghi di lavoro: ecco il rapporto dell’Inail
La Lombardia: la regione più colpita in tutta la penisola
Le professioni sanitarie: i fattori incidenti e le categorie più a rischio
Donne vs uomini: più contagi per le prime ma più decessi per i secondi
La Lombardia: la regione più colpita in tutta la penisola
Non risulterà inaspettato dire che la Lombardia è stata sicuramente la regione più colpita dalla diffusione del Coronavirus in Italia, con il 35,5% delle denunce di contagio sul lavoro e il 45,2% dei decessi. Non trascuriamo, inoltre, i dati che riguardano la diffusione territoriale, sempre in Lombardia: il 30,4% dei contagi denunciati riguarda la provincia di Milano, anche se Bergamo detiene purtroppo – e come ben sappiamo – il primato negativo dei casi mortali.
Le professioni sanitarie: i fattori incidenti e le categorie più a rischio
Sempre più spesso si parla di una seconda ondata di virus in Italia, preventivata con l’arrivo della stagione autunnale tra settembre e ottobre. Per questa ragione, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro ha stilato un report in cui ha mappato quelli che sembrano essere gli ambienti di lavoro e le categorie professionali più a rischio.
È doveroso però fare una premessa: questa analisi è stata condotta prendendo in esame 5 fattori incidenti su un probabile contagio patologico, ovvero
- la frequenza dei contatti con altre persone
- le interazioni con il pubblico
- il lavoro al chiuso
- la vicinanza fisica ad altre persone
- la frequenza di esposizione a malattie e infezioni
Sulla base di questi dati, intrecciati tra loro, è emerso che:
- le professioni sanitarie sono quelle più a rischio, soprattutto se si parla di medici, infermieri, radiologi, esperti di diagnostica, operatori socio sanitari, assistenti di studi medici
- farmacisti, biologi, veterinari e professori della scuola primaria fanno eco alle professioni sanitarie sopra elencate
- a rischio anche i lavoratori che operano in condizioni di vicinanza fisica, come operatori della cura estetica, tecnici dei servizi sociali, figure addette ai servizi personali come baby-sitter, badanti, addetti alla sorveglianza, assistenti di viaggio
E infine, per ultimo, occorre considerare anche tutte le attività che prevedono il contatto con il pubblico:
- esercenti e occupati nella ristorazione
- professori di scuola secondaria e post-secondaria
- addetti all’accoglienza e all’informazione della clientela
- specialisti dell’educazione e della formazione
- personale addetto agli sportelli
Donne vs uomini: più contagi per le prime ma più decessi per i secondi
Il rapporto rilasciato dall’Inail evidenzia anche un altro dato di grande interesse:
- 71,8% è la percentuale di donne contagiate
- 28,3% è la percentuale di uomini contagiati
Parliamo ovviamente di donne e uomini coinvolti in un’attività professionale.
Sembra quindi che il genere femminile sia decisamente più esposto al rischio di contagio rispetto al genere maschile. Tuttavia il rapporto si inverte quando si parla di casi mortali: i decessi degli uomini sono infatti pari all’82,7% del totale. Un’inversione di rotta inaspettata viste le premesse iniziali.
E sempre dal rapporto Inail emerge inoltre che:
- l’età media dei lavoratori che hanno contratto il virus è di 47 anni per entrambi i sessi, salendo a 59 anni per i casi mortali (in media: 57 per le donne e 59 per gli uomini)
- il 71,2% dei decessi è concentrato nella fascia di età 50-64 anni, seguita da quella over 64 anni (18,3%)
- la quota dei lavoratori stranieri è pari al 15,6% del totale delle denunce e al 10,1% dei decessi