Nei supermercati e nei negozi in Italia e nel resto del territorio UE è in vigore la norma che vieta l’impiego di sacchetti in plastica non biodegradabile e per i contenitori usa e getta, che non possono essere più realizzati con materiali incompatibili con l’ambiente.

Per quanto riguarda il trasporto di frutta e verdura è necessario impiegare esclusivamente quelli compostabili per favorire un miglior ciclo di eliminazione del rifiuto, attraverso lo strumento della raccolta differenziata, limitando così anche la contaminazione dei lotti di plastica destinata al riciclo.

Questi molto spesso vengono inquinati con materiali inadatti che ne abbassano la qualità come materia prima per la trasformazione, condannandola a finire negli impianti di termovalorizzazione. Per questro è stata attivata una raccolta firme per bandire per sempre le plastiche non eco sostenibili.

Sommario:

Bottiglie in plastica biodegradabile? Al via la raccolta firme

Un passo ulteriore verso la compatibilità

PLA vs PET

Bottiglie in plastica biodegradabile, dove si buttano

 

Un passo ulteriore verso la compatibilità

Per quanto incisivo dal punto di vista ambientale, il piano per i sacchetti non è sufficiente, anche che molte delle microplastiche disperse nelle acque derivano proprio dalle membrane sottili dei sacchetti abbandonati, che sono spesso difficili da recuperare.

Infatti, in molti casi vengono conferiti in maniera inappropriata durante la separazione dei rifiuti, in particolare quando sono sporchi di residui organici o collanti.

A fianco dei sacchetti, però, una delle fonti di masse plastiche più invasive in assoluto è quella costituita dalle bottiglie usa e getta, per acqua in primis, ma anche per olio alimentare e altri liquidi, che molto spesso finiscono nei cestini dell’indifferenziata nei centri urbani o peggio ancora dispersi sul territorio in particolare nei fiumi.

Per cercare di arginare, almeno in Europa, dove la coscienza ecologica è un po’ più forte rispetto ad altre aree meno sviluppate, è stata attivata una importante petizione, il cui obiettivo principale è quello di richiedere alla Commissione l’attivazione di un gruppo di azioni incisive a contrasto del fenomeno.

Queste comprendono un sistema per il riciclaggio delle bottiglie in plastica tradizionale con un servizio di resa e cauzione che funga da incentivo per il consumatore. Inoltre, la proposta è quella di installare delle reverse vending machine all’interno dei supermercati dei centri commerciali che hanno a catalogo prodotti contenuti in bottiglie riciclabili ma non biodegradabili.

Si tratta di macchine per il recupero o la compattazione delle bottiglie in loco, con accredito su carta, in modo tale che il consumatore possa inviare a riciclo le bottiglie di plastica dopo l’uso, a breve distanza dall’acquisto.

Per disincentivare la produzione e favorire invece lo smaltimento, inoltre, nella richiesta viene proposto di istituire una tassa a carico dei produttori di bottiglie in plastica, le cui entrate dovrebbero essere impiegate esclusivamente per l’attivazione delle procedure di riciclo.

Questo secondo il principio per il quale a dover pagare per l’inquinamento deve essere principalmente chi lo produce, spingendo quindi anche gli investitori a trovare soluzioni differenti e alternative per eliminare le plastiche a elevato impatto ambientale.

PLA vs PET

Il principale indiziato per l’inquinamento da usa e getta, al momento è la plastica PET, visto che ogni minuto viene prodotto al mondo circa un milione di bottiglie, una parte considerevole delle quali sparisce dal conteggio del riciclo e finisce negli oceani, in particolare in paesi in cui l’attenzione per la cura dell’ambiente è considerevolmente più bassa rispetto a quella degli Stati UE.

Si parla del 50% della massa PET non recuperata e che finisce per incrementare quella presente negli oceani nella ormai tristemente famosa isola dei rifiuti nell’Oceano Pacifico.

L’alternativa tecnologica c’è ed è disponibile ormai da diversi anni. Il materiale per la produzione bottiglie biodegradabili è la plastica PLA che ha ormai superato tutti i necessari test per essere considerata a pieno titolo un prodotto sicuro ed efficiente.

Viene ricavata da un processo di fermentazione batterica di amidi e zuccheri di origine vegetale, con un’elevata resistenza alla corrosione da parte degli acidi organici presenti in molti alimenti, anche se attualmente non tutte le bevande risultano essere compatibili con la sua struttura molecolare e in alcuni casi sono aggressive.

Sicuramente non è il caso dell’acqua che costituisce da sola una delle principali fonti di plastica al mondo pro capite. Stessa cosa vale per molti tipi di bevande gassate, la cui diffusione è enorme.

Per disincentivare la produzione e favorire invece lo smaltimento, inoltre, nella richiesta viene proposto di istituire una tassa a carico dei produttori di bottiglie in plastica due categorie parzialmente sovrapposte ma non completamente sostituibili nei processi di recupero, si adattano a tutti gli alimenti con basso potere estrattivo, cioè bibite analcoliche, succhi filtrati, acqua minerale naturale e frizzante oltre che gli infusi.

Ad essere esclusi dal conteggio ci sono le bibite analcoliche e i mosti con polpa di frutta, le bevande a base di latte e cioccolato e poche altre, a causa del loro elevato potere estrattivo che determina danneggiamenti a carico della bottiglia con assorbimento delle sue molecole.

Il problema è più che altro tecnologico e legato al costo di implementazione di ulteriori strati protettivi. Studi recenti sui materiali PLA stanno iniziando a dare buoni risultati.

Rispetto alla plastica PET, la PLA, uno dei principali materiali per le bottiglie, offre molti vantaggi. Innanzitutto non viene ricavata dalla lavorazione del petrolio, ma di una fonte rinnovabile di energia di origine agricola, scarti e batteri, altrimenti inutilizzabili per l’industria e fonte di inquinamento.

C’è da tenere in considerazione quali sono i benefici delle bioplastiche, non ultima la quantità di CO2 necessaria per la produzione che è molto più bassa rispetto a quella che serve per la PET e la possibilità di essere assorbite dall’ambiente, in caso di dispersione.

Bottiglie in plastica biodegradabile, dove si buttano

Nonostante si tratti di prodotti realizzati in un materiale biodegradabile, non si possono abbandonare le bottiglie nell’ambiente, perché i tempi di trasformazione le renderebbero una fonte di inquinamento per un certo periodo di tempo e un elemento molto visibile.

Le bottiglie biodegradabili, vengono attaccate da luce solare e agenti batterici in tempi lunghi. Per capire quanto dura la bioplastica, si parla di 3-6 mesi per una degradazione del 90%. Per questo è necessario inserirle in processi di recupero mirati, per la raccolta dei rifiuti organici, con il conferimento in appositi siti di compostaggio.

In questa maniera i tempi di conversione per le bottiglie compostabili, che sono legati alle condizioni ambientali dell’ambiente di degradazione, calano, perché la lavorazione avviene all’interno di impianti dove è possibile sia selezionare la massa di plastica PLA, sia inserirla all’interno di vasche bio-attive con elevata concentrazione enzimatica.

La compostabilità delle bottiglie biodegradabili in materiale sostenibile implica la possibilità di riutilizzare direttamente la materia prima degradata delle bottiglie come fonte di concimazione per l’agricoltura, garantendo la chiusura del ciclo di produzione, indirizzandola direttamente verso i comparti produttivi da cui in seguito sarà poi ricavata nuova materia prima da trasformare.

Il progetto è quello di eliminare completamente le plastiche non biodegradabili dall’ambiente entro il 2030 o meglio di rendere possibile la loro rimozione dai processi produttivi e la completa sostituzione con quelle nuove compatibili con l’ecosistema, anche in caso di dispersione.